Skip to content

Il sindacato è impegnato in settori cruciali per l’economia italiana e la sua azione non si limita alla tutela dei lavoratori, ma si estende alle opportunità di crescita e d’innovazione di Trasporti, Logistica e Ambiente.

I TEMI CHE RAPPRESENTANO IL FOCUS DELLA FIT CISL LAZIO

Intermodalità

Per intermodalità s’intende l’integrazione tra diverse forme di trasporto che, oltre a favorire piani di sviluppo orientate all’accesso più agile alle varie forme di trasporto proposte, permette economie di scala. Un processo funzionale che nel lungo periodo può trasformarsi in nuove opportunità di investimento e pianificazione.

Oggi è nel passaggio da un sistema di trasporto a un altro che si allungano i tempi degli spostamenti che determinano la scelta dei mezzi da utilizzare. Anche per questo motivo il modello dell’intermodalità converge con la cosiddetta mobilità sostenibile, proprio perché la sinergia della rete materiale favorisce un minore utilizzo del mezzo privato e un servizio pubblico efficiente e a basse emissioni. C’è inoltre da considerare che il circolo virtuoso che investimenti in infrastrutture più interconnesse e l’impatto delle nuove tecnologie saranno in grado di generare, incideranno in modo positivo non solo sulla qualità della vita dei cittadini ma anche sull’economia del territorio.

Gli italiani impiegano per gli spostamenti una media di 10 ore e 40 minuti a settimana, 1 ora e 5 minuti in più della media europea e solo a Roma si stimano circa 130 milioni di ore perse nel traffico. Dato che tradotto in termini economici significa perdite nell’ordine di miliardi oltre che livelli di emissione che pongono la Capitale al 5° posto in Italia, secondo i dati Istat, per numero di giorni di superamento delle polveri prodotte da combustioni, prima, subito dopo, le città della Pianura Padana.

La mobilità in chiave integrata rappresenta quindi un volano sia per l’economia quanto per il benessere dei cittadini e richiede un cambiamento complessivo della politica dei trasporti anche mediante un coordinamento tra queste e le politiche urbanistiche così come della progettazione delle infrastrutture e dello sviluppo industriale. Un modello che richiede, per le sue peculiarità, un approccio di governance integrata partendo dalle opportunità offerte dai processi di pianificazione previste dalla Legge 221/2015 attraverso i PUMS e dal dialogo costruttivo con tutti gli stakeholder tra quali, ovviamente, il sindacato. Studi nazionali prodotti dalla Cassa Depositi e Prestiti affermano, infatti, che un rilancio complessivo degli investimenti sul trasporto pubblico locale produrrebbero un impatto annuo in termini di valore aggiunto pari a circa 5.6 miliardi di euro (0,3% del Pil) con un conseguente aumento occupazionale dello 0,6% su scala nazionale (137 mila nuove unità di lavoro).

Partecipazione

La partecipazione afferma l’emancipazione del lavoro e la sua non subalternità rispetto al capitale, rende protagonista il lavoratore attraverso responsabilità e coinvolgimento, risponde alle esigenze di qualità poste dalla sfida dei mercati globali.

La globalizzazione, la finanziarizzazione dell’economia e l’avvento dell’era digitale, hanno determinato cambiamenti radicali nei meccanismi di funzionamento dei sistemi economici, produttivi, commerciali e di mobilità. In questo panorama il modello partecipativo si pone come elemento di riequilibrio all’interno della componente generativa del valore.

Le nuove sfide richiedono il coinvolgimento sinergico fra capitale e lavoro, dove efficienza, qualità e profitto, non escludono il conflitto industriale e sociale, che resta una componente intrinseca nelle relazioni sindacali, ma superano il carattere ideologico per approdare a una nuova misura di responsabilizzazione delle parti.

L’attuale scenario che vede economia e produzione sempre più influenzati dai mercati finanziari globali e dalle Borse mondiali, allargano l’importanza e la necessità di un nuovo paradigma della partecipazione proprio per la possibile deriva verso una democrazia politica che diventa sterile se non si concretizza in una democrazia economica, in grado di esercitare un reale potere di controllo, di trasparenza e di interferenza sui meccanismi delle decisioni del sistema economico, nazionale e internazionale.

Nel mondo dei capitali che cambiano, invece, i lavoratori possono far sentire il loro peso ed il loro valore affermando il capitale umano quale ulteriore pilastro di un sistema di sviluppo dove la partecipazione sarà in grado di determinare l’evoluzione dei rapporti sociali ed economici verso una reale democrazia nell’economia.

Parliamo quindi di:

  • partecipazione garantita dai diritti di informazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori
  • di partecipazione finanziaria ed economica, rappresentata dalle forme di azionariato dei dipendenti.
  • di partecipazione agli organi societari su diretta designazione dei rappresentanti dei lavoratori perché questa è una forma di partecipazione molto diffusa in Europa e che è stata anche introdotta nel nostro diritto societario, a seguito della trasposizione della Direttiva Europea sullo Statuto di Società Europea.
  • di partecipazione economica ai risultati dell’impresa attraverso la valorizzazione del legame tra performance aziendale e retribuzione considerata come strumento di partecipazione ovvero incrementi salariali legati agli incrementi di produttività.

Parliamo, infine, di un tema che, per quanto attuale e legato ai cambiamenti degli ultimi decenni del mercato del lavoro, trova il suo fondamento in Italia addirittura nel dettato costituzionale (art. 46).

Si tratta di una visione politico sindacale che, come scandito nell’accordo del 9 marzo 2018 tra Cgil Cisl Uil e Confindustria, bisogna far vivere nella contrattazione collettiva.

Economia circolare

Si concretizza quando il valore delle risorse, dei materiali e dei prodotti è mantenuto nel sistema economico il più a lungo possibile. I prodotti diventano lerisorse del domani, gli scarti vengono minimizzati e si riduce, quindi, l’impatto sull’ambiente.

Nella pratica le imprese sono chiamate a ridurre sprechi e generare valore secondo un modello organizzativo basato sull’efficienza massima nell’uso delle risorse

Cosa succedeva prima?

I sistemi capitalistici,a partire dalla prima rivoluzione industriale, fino all’assetto della produzione e del consumo,si sono basati su quattro azioni principali: preleva, produci, usa e getta, poiché si pensava che le risorse fossero abbondanti, disponibili, accessibili e soprattutto agevolmente eliminabili.

Nel 1900 la quantità di materie estratte a livello globale fu5 miliardi di tonnellate.

Nel 2015 è stata di 72 miliardi ditonnellate, si prevede che nel 2050 si possa arrivare a 140 tonnellate.

Un modello di produzione e di consumo che richiede un grande utilizzo di energia e di risorse naturali e i prodotti industriali, al termine del loro ciclo di vita, sono destinati a divenire per lo più rifiuti, inservibili a nuovi cicli di consumo e produzione. Prodotti progettati per durare un tempo limitato, tanto da richiedere un ricambio che generi vendite, quindi ricavi e, a parità di costi, profitti.

 

Perché economia circolare?

E’ un’esigenza reale causata sia del rapido esaurimento del capitale naturale esistente, o almeno di quello di facile reperibilità, sia della crescita demografica.

Nei prossimi decenni, lo sviluppo delle nuove tecnologie potrebbe avere un impatto dirompente, ad esempio, nel settore dei trasporti, il costo medio per chilometro di un’auto potrebbe diminuire fino al 75% grazie all’utilizzo di nuovi materiali, di car sharing e veicoli elettrici.

Nello stesso tempo, un sistema circolare creato con nuove tecnologie e nuovi materiali sarebbe in grado di aumentare del 3% la produzione delle risorse, generando per l’Europa un risparmio nei costi di produzione e utilizzo delle risorse di base pari a 1.800 miliardi di euro all’anno entro il 2030, che si tradurrebbe in una crescita del prodotto interno lordo pari a 7 punti percentuali e in più alti livelli di occupazione. Inoltre il reddito delle famiglie europee potrebbe risultare superiore di ben l’11% rispetto al percorso di sviluppo attuale.

Torna su