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Lavoratori piattaforme Fit-Cisl Lazio: Oggi il webinar “La falsa modernità del lavoro nell’era del capitalismo digitale?”

Il Segretario Generale Marino Masucci: “La sharing economy si ferma quando si parla di redistribuzione della ricchezza. Va invertita la rotta con meccanismi di partecipazione dei lavoratori”

“Tecnologia non può diventare sinonimo di disintermediazione, di deresponsabilizzazione aziendale; tecnologia non può significare scaricare sui lavoratori il rischio di impresa. L’innovazione va governata, orientata, agganciata all’umano. Fino a qualche anno fa, si parlava di ‘sharing economy’, ovvero di una tecnologia al servizio della collaborazione tra persone; abbiamo purtroppo constatato che il concetto di ‘share’, di condivisione, tuttavia si arresta spesso quando parliamo di redistribuzione equa delle risorse. La maggior parte delle imprese del capitalismo digitale ha assistito a un’impennata vertiginosa dei ricavi, mentre ai lavoratori sono stati dati premi di produttività di un euro. Si tratta di un sistema che va ripensato, a nostro parere attraverso l’attivazione di meccanismi di partecipazione dei lavoratori alla vita delle aziende: dobbiamo dare attuazione all’articolo 46 della Costituzione, e fare in modo che i lavoratori, complice la dematerializzazione del lavoro, non siano sempre più lontani dalle aziende, ma che ne siano parte sempre più attiva, a partire dall’equa redistribuzione della ricchezza prodotta”.

E’quanto ha dichiarato il Segretario Generale della Fit-Cisl del Lazio, Marino Masucci, nel corso del webinar, organizzato per questa mattina e andato in onda sulla Pagina Facebook del sindacato, dal titolo “La falsa modernità del lavoro nell’era del capitalismo digitale?”, a cui hanno preso parte economisti, giuslavoristi, professori universitari e ricercatori.

Un’occasione per fare il punto su concetti relativamente ‘nuovi’, di fronte ai quali il mondo del lavoro e il sindacato non possono lasciarsi cogliere impreparati: l’economista e collaboratore di ‘Left’, Andrea Ventura, ha parlato di Tecnoliberismo e capitalismo digitale, sottolineando il fatto che la rete non è un semplice luogo di libertà, in cui il consumatore è sovrano, ma anche uno strumento sottoposto a manipolazioni, gerarchie e alterazioni algoritmiche; è stata poi la volta del giuslavorista e professore associato dell’Università cattolica Michele Faioli, che ha dibattuto degli impatti della Gig economy e di Industry 4.0 sul diritto del lavoro. Ivana Pais, professoressa associata di Sociologia economica presso l’Università Cattolica, ha ricordato che il passaggio dal management scientifico a quello algoritmico ha prodotto numerose e variegate figure professionali, mentre Rosita Zucaro, ricercatrice INAPP, ha affrontato il tema della dematerializzazione dei luoghi di lavoro, e del rischio di over-working, esponenzialmente aumentato in correlazione con il diffondersi dello smart-working. Il ricercatore INAPP Manuel Marocco si è concentrato infine sul tema dei rider, e sottolineando la necessità di uno sviluppo tecnologico che includa e incorpori le normative a tutela del lavoro.

“Parallelamente ai gesti pragmatici di vicinanza e sostegno ai lavoratori di ‘frontiera’ – ha detto Masucci – è importante un ripensamento profondo, un riposizionamento del sindacato nei confronti di un panorama in rapido cambiamento, che tuttavia sia finalizzato alla difesa di un principio imprescindibile: la tecnologia deve essere al servizio dell’uomo, non si può permettere il contrario”.

 

 

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