Rider, Masucci: “Con la pandemia, aumento addetti sul territorio stimabile intorno al 35%”

“L’emergenza sanitaria e il conseguente aumento della domanda hanno contribuito a trasformare le caratteristiche di questo mestiere. Non è soltanto un ‘lavoretto’ e non va trattato come tale”
“Con la pandemia, la presenza sui riders a Roma, che si attestava intorno ai 3mila lavoratori prima del 2020, ha subìto un incremento stimabile intorno 35%. Gli incrementi della domanda sono stati significativi, ci risulta un aumento del 40%. A fronte di ciò, il fronte retributivo e normativo di lavoratori particolarmente esposti al rischio contagio non ci risulta migliorato. Alcuni di loro hanno ricevuto in passato uno zaino-premio: una magrissima consolazione, se non proprio un’elemosina”.
E’quanto dichiara il Segretario Generale della Fit-Cisl del Lazio, Marino Masucci, aggiungendo che “Roma è la seconda città in Italia per numero di ristoranti. Inoltre, la sua conformazione urbanistica, l’estensione territoriale e i problemi legati a sampietrini e problemi del manto stradale, rendono,questo mestiere particolarmente stressante e pericoloso. Oltre ai problemi di inquadramento contrattuale, purtroppo tristemente noti, esiste tutta una problematica legata ad aspetti pragmatici, che andrebbero regolamentati in modo più efficace: ci riferiamo, ad esempio, alle consegne effettuate in contesti metereologici particolarmente pericolosi, o al rispetto della consegna al portone e non al piano, su cui non c’è abbastanza chiarezza”.
“L’aumento di forza lavoro nel comparto dei rider durante la pandemia – prosegue il sindacalista – ha contribuito a modificare le caratteristiche dei rider, elevando l’età media, che si attestava sui 25 anni, e che adesso è stimabile, sul territorio, intorno ai 35-40 anni, con lavoratori ultrasessantenni. Per molti, non si tratta di un ‘lavoretto’, ma di un vero e proprio strumento di sopravvivenza: dobbiamo fare il possibile affinché tutto ciò sia normato e regolarizzato sotto il profilo contrattuale. Non è possibile che la sopravvivenza di alcune famiglie si basi su uno ‘pseudo-cottimo”.